A proposito di “Tante parole”

Quando l’aviatore Antoine de Saint-Exupéry, alle richieste incalzanti di un ometto incontrato dove e quando non importa, che chiedeva di disegnargli una pecora, ne tracciò solo la casetta permise che l’immaginazione del suo interlocutore facesse il resto …Così inizia la grande avventura del Piccolo Principe. “Tante parole”. Un lavoro emblematico. E pieno di significati. Una sintesi che disegna, è il caso di dirlo, la genialità dell’amico Bruno Regni. Genialità fatta di tratti semplici, decisi e incisivi. Di tecniche che si fondono e si mescolano, di rigore scientifico e intuizione artistica. “Tante parole”. Tante, e sempre semplici, decise e incisive, quelle attraverso le quali ho conosciuto Bruno. Sembra strano, ma sono state le parole, quelle del critico d’arte, a farci incontrare. Sono passati molti anni prima che, assieme alle parole, conoscessi l’arte figurativa di Bruno. Un’arte ‘dedicata’ alla grafica, all’architettura, sempre alla ricerca, mai al banale, al solito, all’usuale. Anche i delicatissimi, e per me preziosissimi, disegni delle ‘mie’ papere sono un elogio a quella chiarezza e a quella semplicità che fanno delle forme, dei soggetti e degli oggetti l’essenziale che, poi, ognuno di noi deve riempire di qualcosa di proprio e di personalissimo. Una presenza forte, ma discreta. Un tratto, e una parola, mai incerta, un segno che lascia sempre qualcosa al di là del tempo … un segno vivo, indelebile. “Tante parole” è un’opera che fa riflettere.
Specie chi ha fatto delle ‘parole’ il proprio mestiere. Tante parole, troppe a volte e spesso grigie, senz’anima, dettate più dalla routine che dal cuore e dal sentimento, che sempre più spesso nascondiamo dietro tante parole vuote e vacue.
“Tante parole”, invece, piene d’affetto e di stima, per un artista che, in “Tante parole”, ha coniugato due grandi ispirazioni: il tratto e la parola.

Giacinta d’Agostino

A proposito di “Scogli all’isola del Giglio”

Caro Bruno, ho ‘letto’ i tuoi quadri e te ne parlo, come ben sai, senza possedere alcuna competenza specifica in materia lasciandomi guidare dal messaggio che ne ho istintivamente ricavato. Ricco, in tal senso, e ‘provocatorio’ (proverò poi a dirti il perché) mi è subito apparso “Scogli all’Isola del Giglio”. I tratti rarefatti e lo spazio in gran parte incontaminato mi hanno suggerito una immagine di ‘essenzialità’ e di straordinaria efficacia interpretativa dell’intima natura del soggetto cui ti sei ispirato. Scogli. Cosa di più solido e tangibile? Ma cosa di più lieve, fluido ed evanescente degli elementi con cui si confrontano, il cielo e il mare, l’aria e l’acqua? Ecco perché ho usato il termine ‘provocatorio’. Proprio a causa dell’estrema parsimonia dei segni, della rigorosa monocromia di base i tuoi “Scogli” sono concreti, veri, reali, ma non sono ‘soli’. C’è, si intuisce, si impone con forza anche quella parte di realtà con cui si confrontano e che tu non citi, neppure con la più picola macchia di colore, ma che hai ben presente, di cui vuoi e sai di dover riconoscere l’esistenza. Ma un’esistenza senza alcun’altra intromissione diversa dalla tua che la dipingi; una solitudine voluta e, in quanto tale, apprezzata e ‘goduta’. Insomma, come avrai capito, “Scogli” mi è piaciuto molto e penso che dipingendolo tu non abbia inteso ‘esporti poco’, ma piuttosto essere e rimanere soltanto te stesso. (…)

Con viva cordialità e stima

Maria Antonietta Lisi